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La nascita di Verifiche

Chi l’avrebbe mai detto che Verifiche sarebbe arrivata ai 40 anni tondi tondi portandoli ancora bene? Numero dopo numero, anno dopo anno, consapevole del bisogno di continuare a far sentire la propria modesta voce, senza clamore ma con dignità, questa rivista è riuscita a raggiungere il traguardo dei quaranta reggendosi unicamente, e sin dall’inizio, sul volontariato disinteressato.

Chi ha lavorato in redazione lo ha fatto, e continua a farlo, per il puro piacere di esprimere opinioni provenienti dalla base del vasto e frastagliato mondo dell’educazione. Ogni collaboratore dedica a Verifiche parte del proprio tempo libero, pur sapendo bene quali sono i limiti di diffusione e di ricezione. E sa anche quanta fatica costa trovare ogni volta nuove idee, discuterle attorno a un tavolo e svilupparle, sollecitare amici a scrivere, disporre testi e immagini in modo organico, impaginarli al computer, sempre per risparmiare sui costi, e spedire infine il tutto in tipografia. E appena uscito un numero ripartire da capo.

Nell’affrontare i quarant’anni di vita di questa rivista il primo pensiero va a Silvano Gilardoni, venuto improvvisamente a mancare lo scorso gennaio. Dell’anniversario di Verifiche avrebbe voluto scrivere lui e ci stava già pensando nei giorni precedenti la sua scomparsa. Sicuramente, con la competenza e la meticolosità che gli erano proprie, avrebbe fatto meglio di quanto possiamo fare noi ora. Purtroppo il destino ha voluto altrimenti. È nostro dovere ricordare qui il suo ruolo fondamentale di redattore, lucido e rigoroso, svolto sin dagli inizi e protrattosi per anni. Dopo una pausa imposta dagli impegnativi incarichi da lui assunti nel Partito del lavoro, aveva ripreso, in questo ultimo ventennio, a far parte della redazione assumendo pure, per parecchio tempo, il compito di coordinatore. Anche suo padre Virgilio era stato collaboratore della rivista e preziosa guida.

Nata come mensile dell’Associazione cantonale docenti socialisti (ACDS), consideriamola simpaticamente femminile. Verifiche ha avuto un’infanzia assai difficile e già all’età di cinque anni ha rischiato di morire. Poi si è ripresa, è andata a scuola ed è cresciuta. Ha superato le solite crisi adolescenziali e compiuti i vent’anni ha raggiunto una sua maturità.

Leggi il primo numero di Verifiche:

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Culturalmente impegnata e politicamente orientata a sinistra, ha continuato a manifestare curiosità intellettuale e apertura alla pluralità di opinioni. Questo in estrema sintesi. Ma per analizzare un po’ il contesto in cui è apparsa e vissuta occorre ripartire dal lontano 1969. La scuola ticinese, attraversata dal sessantotto e dall’occupazione dell’aula 20 alla Magistrale di Locarno, era al centro di discussioni fra chi, come l’ACDS, voleva cambiarne metodi e strutture e chi difendeva invece lo status quo. In quell’anno una profonda scissione politica aveva spaccato il Partito socialista ticinese (PST) e portato alla fondazione, in aprile, del Partito socialista autonomo (PSA).

L’ACDS, riunitasi in assemblea il 22 marzo precedente, aveva deciso di rompere i legami di affiliazione al PST per diventare rappresentativa di tutti gli insegnanti di sinistra. Una scelta che implicava anche l’abbandono degli organi di stampa partitici per costituirne uno proprio. Con la nuova rivista magistrale si aspirava a creare un luogo d’incontro di tutti coloro che condividevano “la necessità di una politica progressista per una scuola ticinese più democratica”. Il primo numero, redattore responsabile Aldo Zanetti-Streccia e amministratore Remo Margnetti, uscì nell’ottobre del 1969.

Nell’editoriale il gruppo redazionale esponeva le funzioni che si desiderava assegnare alla rivista, in primis quella di rappresentare uno “strumento di lavoro dell’associazione e più in generale dei docenti e studenti progressisti”. In quegli anni stavano maturando anche in Ticino importanti riforme nel settore scolastico e in quel contesto Verifiche avrebbe dovuto profilarsi come una voce critica, spazio di riflessione propositiva, di controllo della politica scolastica dipartimentale, di controinformazione. La scuola era considerata allora il luogo privilegiato per rinnovare l’intera società, e in essa si riponevano le speranze di emancipazione e di democratizzazione, ma occorreva liberarla dal carattere elitario, “autoritario” e selettivo che continuava a perpetuare. Questo programma era ben chiaro nei fondatori di Verifiche, determinati a rimuovere questi ostacoli dalla scuola ticinese. “Ostacoli - leggiamo nell’editoriale - che […] concernono anche la stessa funzione che chi detiene il potere nel paese, la destra economica-politica, assegna alla scuola: istruire e formare persone, operai e impiegati soprattutto, convinti che l’ordine costituito attuale sia l’unico valido e accettabile […]. Scuola essenzialmente rivolta verso il passato, troppo spesso lontana e indifferente ai problemi del mondo d’oggi”.

Fu Giovanni Orelli a proporre il titolo Verifiche, perché l’intento era quello di esporre e verificare i nuovi metodi antiautoritari, in modo da aprire la scuola alla società. Qualcuno suggerì pure di chiamarla Rinnovare, ma questo nome piacque meno perché troppo simile a Risveglio, l’appellativo della rivista della Federazione docenti ticinesi, di ispirazione cattolica, e già da molti anni presente nel panorama cantonale.

Un discorso a sé lo meriterebbero anche le diverse tipografie che nel corso degli anni si sono succedute nella stampa di Verifiche. All’inizio ci si affidò alla tipografia Leins & Vescovi di Bellinzona. Poi per molti anni si fece capo alla mitica tipografia “La Comune” coordinata da Marlise Gianferrari, che, con alcune collaboratrici e mezzi ancora artigianali, produceva un lavoro encomiabile. Con la chiusura della stamperia ci si modernizzò, grazie anche alla maggior efficienza dei mezzi informatici, e si passò alla Fondazione Diamante, contribuendo in tal modo alla realizzazione del suo scopo sociale, mirato all’integrazione professionale dei portatori di handicap. Negli anni novanta si approdò alla tipografia Aurora, con un progetto grafico di Giacomo Carloni, per giungere poi, in quest’ultimo decennio, alla tipografia Progetto Stampa di Chiasso.