Skip to main content

Editoriale: segnali preoccupanti

bala_i_ratt

Nonostante l'uso del dialetto, che conferisce all'espressione Bala i ratt un tono bonario, e l'intento ironico che gli autori della campagna contro i lavoratori frontalieri hanno sperato di contrabbandare, siamo colpiti e sdegnati dal cinismo, forse ancora prima che dai contenuti xenofobi, con cui è stata orchestrata e condotta questa operazione.

Il ratto si carica nel nostro immaginario di connotazioni fortemente negative, suscita sentimenti di repulsione e disgusto, richiama alla mente parassitismo e infestazioni e solo in parte queste associazioni sono compensate dalle figure dei topi buoni (Topolino, Topo Gigio, …) che hanno nutrito la nostra fantasia infantile.

Vale forse la pena evocare il film documentario di propaganda nazista Der ewige Jude di Fritz Hippler (1940), pellicola dai contenuti crudi (oltre che manipolati), nel quale l'ebreo, presentato come parassita sociale, eterno straniero non integrabile, Male assoluto da cui difendersi, viene proprio paragonato, in una scena di forte impatto emotivo, a un branco di ratti da fogna sudici e portatori di malattie pestilenziali. "Dove emergono, - si commenta - i ratti arrecano distruzione nel paese, devastano i beni e gli alimenti".

Non solo i toni e i linguaggi si sono imbarbariti, ma la destra razzista e xenofoba sta attingendo a larghe mani e in modo più o meno consapevole, a contenuti e modelli comunicativi mutuati dal nazifascismo. In un recente saggio il filosofo Roberto Escobar sostiene che la paura sia l'emozione che si sta imponendo sulle altre: "Presi da questa paura che si fa odio, non ci interessa distinguere  tra individuo e individuo, tra un essere umano e un altro essere umano. Ai nostri occhi ogni differenza e ogni singola dignità si confondono nell'immagine di una moltitudine minacciosa,  di un intollerabile brulicare di insetti velenosi. A questi abbiamo dichiarato guerra, certi di doverci difendere da quella che essi per primi ci avrebbero mosso.1"

Così in questa guerra del Bene (noi) contro il Male (gli altri) forme e contenuti della comunicazione divengono basici e manifestano analogie inquietanti.

"Da tempo immemorabile - si legge in un testo fondativo della Lega Nord - abitiamo, dissodiamo, lavoriamo, proteggiamo ed amiamo queste terre, tramandateci dai nostri avi, attraversate dalle acque dei nostri grandi fiumi". Queste parole richiamano, come osserva ancora Escobar, un modello di Etnia o di Stirpe rintracciabile nel Mein Kampf, "argomentato con un linguaggio che pare riecheggiare quello leghista". Lo Stato è, vi si afferma, "l'organizzazione di una comunità di esseri fisicamente e spiritualmente solidali, per rendere possibile la conservazione della specie e il raggiungimento dei suoi scopi di esistenza, predestinati dalla Provvidenza2".

È stato a più riprese ribadito che di fronte a queste derive xenofobe e razziste si sono levate in Ticino poche voci indignate o di censura. È prevalso il silenzio, al più una fievole nota di condanna e si sono giustificati gli eccessi con l'avvio della campagna elettorale. Questa omertà non è però riconducibile solo a tatticismi partitici di bottega. Ci sentiamo infatti di condividere le analisi di Orazio Martinetti, quando parla dell'esistenza, accanto a quelle istituzionali, di una destra diffusa e trasversale, "incistata  nei partiti centristi per così continuare ad esercitare un potere di controllo e di veto su dirigenti, scelte e indirizzi" 3. Sotto questa pressione i partiti annacquano i programmi o mettono in discussione la saldezza dei principi tradizionali.

Non è un caso, per restringere la focale al mondo della scuola, che Argante Righetti si allarmi perché nel progetto di programma del partito liberale si menzionino collaborazioni con istituti privati, ma non si spenda una sola parola per la scuola pubblica. E Diego Scacchi, paventando il fatto che il Dipartimento dell'educazione potrebbe venir presto diretto da Sergio Morisoli, si interroga sulla compatibilità tra militanza in Comunione e Liberazione e concezione liberale della scuola4.

Abbiamo però l'impressione che purtroppo molti condividano la populistica visione della scuola pubblica ancora di recente ribadita dagli esponenti della Lega dei Ticinesi in questi termini: "Gli è che la scuola pubblica, costosissima con docenti strapagati per insegnare poche ore alla settimana … continua a precipitare nel baratro. … Stipata di allievi alloglotti che non sanno l'italiano, non è neppure lontanamente in grado di valorizzare i migliori, ma punta invece ad un allarmante appiattimento verso il basso! Per permettere agli alloglotti di tenere il passo (?) i nostri ragazzi restano indietro!! I risultati degli studi PISA parlano chiaro!!5" A chi giova una scuola pubblica, di tutti e per tutti, debole ed in affanno di credibilità? Già a suo tempo Don Milani rimarcava che la "nuova" media unica e obbligatoria era dispiaciuta alle destre, ma questo, ai suoi occhi, era un fatto positivo.

 

La Redazione

 

 

1 Roberto Escobar, La paura del laico, il Mulino 2010, p. 10.

2 Ibidem, p. 39 e 46.

3 Orazio Martinetti, Le tre destre ticinesi, in LaRegione Ticino, 25.09.2010

4 Argante Righetti, Lacune inaccettabili, in LaRegione Ticino, 1.10.2010 e Diego Scacchi, Il PLRT e CL, in LaRegione Ticino, 30.09.2010.

5 Il re dei congiuntivi starnazza, in Il Mattino della domenica, 3.10.2010.