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DFA e territorio. Insufficienza nella comunicazione o divergenze sui contenuti?

Vorremmo brevemente attirare l’attenzione del lettore su due espressioni in voga al DFA e che suscitano in noi un certo malessere. La prima è quella di territorio, inteso come docenti, allievi, direzioni e tutte quelle figure professionali che gravitano attorno al mondo della scuola. Perché non nominarle in quanto persone? Il territorio è una regione geografica, sono dei luoghi, inanimati. Ed è proprio l’anima di chi sta dentro la scuola che pare a molti bistrattata dal DFA.

La seconda espressione, molto più importante della prima nel suo significato, è quella di insufficienza nella comunicazione. Di fronte all’espressione di critiche o di divergenze di opinione, in termini di contenuti, provenienti dal già citato territorio oppure dall’interno dello stesso DFA (studenti o formatori), la prima risposta – attraverso la quale ci pare si desideri liquidare la questione – è sistematicamente che il problema sollevato “va risolto rafforzando e migliorando la comunicazione”. Ci chiediamo se si tratta unicamente di una scappatoia per evitare l’entrata in materia su scelte difficilmente difendibili oppure se, dando per scontato che le decisioni prese dai vertici del DFA non si possono discutere, si creda veramente di riuscire a convincere l’interlocutore rafforzando la comunicazione.

Questa impressione è confermata dalla lettura di alcuni documenti prodotti in seguito alla Summer School del luglio scorso, in particolare ci riferiamo al Rapporto di bilancio del gruppo “Rapporto col territorio”. Il pregio di questo resoconto è di ammettere finalmente che il DFA è generalmente malvisto da chi lavora nelle sedi scolastiche e che esistono diversi problemi nei rapporti tra il Dipartimento della SUPSI e le componenti della scuola. Per la prima volta si ammette che il DFA “sta assumendo una gestione sempre più manageriale e distante dalla scuola”, che vi è una “mancanza di conferme di disponibilità di DPP per il prossimo anno”, la “mancanza di presa in considerazione delle proposte CAS, che vengono immediatamente negativamente etichettate” o ancora “la poca spendibilità degli ECTS di formazione continua”. Ognuno di questi aspetti era fino ad ora stato negato.

I motivi e le soluzioni ipotizzate sembrano però limitarsi di nuovo alla sfera della comunicazione.  Prendiamo tre esempi.

  1. Si legge che “la visione del territorio in merito al DFA è prevalentemente negativa”. Questo è fuori dubbio. Ma siamo sicuri che per migliorare “è necessario saper comunicare con il territorio” in quanto molti “non conoscono il DFA”. Perché focalizzare l’attenzione unicamente su chi, dentro la scuola, conosce poco del DFA invece di analizzare i motivi per cui vi è tanta reticenza da parte di chi lo conosce bene?
  2. “Sussiste una grande discrepanza tra aspettative del territorio sul profilo del docente in entrata ed il profilo dello studente in uscita dal DFA”, problema che si ritrova anche  nella “contraddizione tra quanto insegnato al DFA e quanto richiesto dai DPP”. Un problema reale e già evocato a più riprese, ma mai seriamente affrontato. “Questo implica che le due parti dovrebbero trovarsi per discutere insieme sugli aspetti importanti da condividere per formare e valutare.(…) Bisogna trovare un sistema per ricucire lo strappo.” La prima domanda da porsi dovrebbe essere: chi decide quale deve essere il profilo dell’insegnante? Il datore di lavoro o l’istituto di formazione? Ci sembra davvero fuori luogo che il DFA pretenda di dettar legge a tal punto. Tanto più che gli stessi studenti rivendicano a gran voce una maggiore presa in considerazione da parte del DFA di quella che è la scuola reale nella quale si troveranno a lavorare.
  3. Il documento afferma che “fino a  che le difficoltà di comunicazione interne al DFA non verranno risolte, non sarà possibile migliorare quelle con il territorio.” Seguono quindi diverse pagine di raccomandazioni inerenti una più efficace comunicazione: regolamentare l’uso della posta elettronica, evitare sovrapposizioni di calendario, snellire le comunicazioni, rispettare le gerarchie.

Il documento si estende su una trentina di pagine in cui non si fa nessun riferimento alla possibile esistenza di divergenze di contenuto. Tutto si riduce a questioni meramente formali, procedurali. La lettura di questi documenti conferma l’urgenza di pubblicare questo contributo, con la speranza che possa dare il via ad un dibattito ampio attorno agli orientamenti adottati dal DFA e quelli invece auspicati dalle varie componenti della scuola. La nostra speranza è che anche responsabili e formatori del DFA si esprimano su questo piano.

 

Claudia De Gasparo